Le origini: fine anni '60
In Italia sono questi gli anni della rivoluzione culturale post guerra, folle oceaniche di giovani si riversano nelle piazze spintti dal bisogno di aggregazione e accomunati dalla critica alla società borghese. Il "giovane" sta diventando una classe sociale, figlia del dopoguerra e del boom economico, si allunga il tempo tra adolescenza e maturità, c'è maggior possibilità di studiare e di crearsi altrnative di vita varie.
Al desiderio di rivoluzione si oppone però la mentalità borghese del tempo, probabilmente risentita per non aver avuto le stesse possibilità.
Ecco allora che gran parte dei giovani cominciano a vedere nello stadio una zona franca, quel luogo dove è possibile trasgredire al "protocollo" della vita comune.
Fino ad allora c' erano prevalentemente motivi campanilistici o sportivi alla base del tifo, mentre con l' avvento del movimento ulras esso è sostenuto soprattutto dall' esigenza di stare uniti e di riconoscersi in regole e valori comuni. La vita quotidiana resta fuori dalla curva, allo stadio si può gettare la maschera e dar sfogo agli atteggiamenti e agli insulti che generalmente vanno controllati; si da vita ad un mondo parallelo, con regole di convivenza proprie, dove lo spirito di gruppo e l'identificazione con la propria squadra la fanno da padroni, mentre il fatto sportivo perde totalmente di importanza divenendo un semplice prestesto.
La palma di primo gruppo ultrà d’Italia va alla “Fossa dei Leoni” del Milan, nata proprio nel 1968, anche se i primi tifosi a fregiarsi del titolo di ultrà, sono i sampdoriani del gruppo “Tito Cucchiaroni”, formatosi nel 1969. Seguono a distanza di pochi mesi i “Boys” dell’Inter e poi, nel giro di pochi anni, tutti gli altri gruppi al seguito delle maggiori squadre italiane (Bologna, Fiorentina, Genoa, Juventus, Napoli e Verona).
Anni '70
Inizialmente il fenomeno ultrà riguarda soprattutto il centro-nord, al sud solo piazze di rilievo come Napoli e Bari contano gruppi organizzati.
I primi ultrà italiani hanno caratteristiche piuttosto varie, ma in poco tempo le varie curve tenderanno ad omologarsi in un costante processo di imitazione ed emulazione che parte dai modelli inglesi.
I gruppi italiani importeranno da quest'ultimi infatti l'utilizzo delle sciarpe e adatteranno cori, mentre dai brasiliani l'uso di trombe e tamburi. Non peccheranno però certo di originalità, introducendo coreografie, bandieroni, fumogeni e coriandoli.
I gruppi ultras adottano nomi come "Fighters", "Brigate" e "Commandos", nomi che non lasciano spazio all'immaginazione. Infatti il movimento ultras è anche scontri tra tifoserie e scontri con forze dell'ordine.
Nel mondo parallelo, amicizie e rivalità tra le tifoserie diventano un fattore essenziale e attorno alla sfida calcistica se ne gioca un’altra che, sempre più spesso sfocia in vere e proprie risse.
Regole non scritte dettano i rapporti tra le curve, sia che si tratti di amicizie (sancite sottoforma di gemellaggi) sia che si tratti di rivalità.
Le prime rivalità sono di origine territoriale, principalmente tra città vicine, ma ben presto sono affiancate da rivalità politiche.
Si fa notare che, a questo punto, il "rispetto" acquisito da un gruppo ultras si misura in termini di coreografie o vittorie in scontri fisici con gli avversari, e non in termini di andamento delle squadre.
Problemi di ordine pubblico negli stadi ci sono sempre stati, ma con la nascita delle curve ultrà cambiano in “qualità” ed anche in “quantità”: diminuiscono, fino quasi a scomparire dai campi di calcio professionistici, le invasioni di campo e la “caccia” ai giocatori e agli arbitri, ma aumentano gli scontri tra ultrà, coinvolgendo anche i dintorni dello stadio, le stazioni e, talvolta, interi quartieri. Del resto, tra i tratti caratteristici degli ultrà italiani, fin dai primordi, si riconoscono atteggiamenti e stilemi tipici dei “colleghi” inglesi (che in fatto di disordini e atti di vandalismo sono inarrivabili), ma anche delle bande giovanili americane: abbigliamento anticonvenzionale con tratti militareschi (anfibi, mimetiche, basco etc.) e segni distintivi della propria squadra (cappelli, sciarpe, distintivi), forte senso del gruppo con conseguente mentalità cameratesca, il tutto all’interno di un’ organizzazione gerarchica che non sempre ma comprende anche capi e soldati semplici.
Dire che la curva è costituita esclusivamente da potenziali teppisti è comunque errato. Se mettiamo ad un estremo l’ultrà duro e puro (all’ inizio poche decine) e all’altro il tifoso che la frequenta per sentirsi in gruppo e al massimo segue i cori e sventola la bandiera (la maggioranza), in mezzo possiamo riconoscere una percentuale di individui che all’occasione non disdegnano di muovere le mani (soprattutto in trasferta) ma che non fanno parte della “cupola” organizzativa. Lo stadio diventa il luogo dove l’aggressività, tenuta a bada dalle regole sociali, trova un nuovo spazio di coagulazione.
Eppure, attorno alle curve degli anni ’70, l’aria che si respira e che coglie lo spettatore degli altri settori, è quella della festa, del colore, di quel 12° giocatore che cerca (e spesso riesce) a dare un contributo determinante alla propria squadra del cuore. Trasferte che sembrano esodi, fatte con treni e autobus che, alla domenica, fanno gli straordinari per i “pendolari del gol”, cambiano la vita di un numero sempre maggiore di giovani italiani. Cambiano la società dal suo interno. E come tutti i cambiamenti, portano aspetti contradditori, difficili da decifrare anche a distanza di anni. Il dato comunque è certo: le curve degli stadi italiani si riempiono di ultrà nella prima metà degli anni ’70, in un periodo in cui l’attacco allo stato da parte di gruppi estremisti (rossi e neri) è una realtà, in cui si contano i morti di una vera e propria guerra civile, vittime di stragi e attentati che scuotono costantemente l’opinione pubblica. In questo scenario gli scontri tra tifosi hanno un’eco limitata, a meno che l’entità dei danni (anche in termini di feriti o addirittura di vittime) non sia ingente o non vengano associati a motivi di matrice politica. In questo senso i giovani ultrà, in più di qualche caso, sono gli stessi protagonisti della guerra di piazza didella stampa matrice politica e non sportiva. Per la prima volta anche in italia il fenomeno della violenza calcistica diviene al centro dell’ attenzione della stampa e delle istituzioni. Vengono prese drastiche misure repressive:per alcuni mesi viene proibito l’ingresso allo stadio di aste di bandiera, tamburi e persino striscioni dai nomi bellicosi.
Ogni curva ha una genesi propria e, spesso, i primi gruppi ultrà si proclamano infatti apolitici (come il nostro), tuttavia la presenza (e l’influenza) di questi elementi esterni al tifo come espressione naturale, porteranno la maggioranza delle curve italiane ad avere nel tempo una connotazione ben precisa. Questo non significa che le curve diventino un crogiuolo di terroristi, ma la posizione politica dei diversi gruppi è, assieme alle rivalità campaniliste, uno dei motivi principali nella determinazione di amicizie, alleanze e rivalità tra tifoserie.
Anni ottanta
IN QUESTO DECENNIO ASSISTIAMO A UN PROGRESSIVO E COSTANTE INGRANDIMENTO DEI GRUPPI ULTRA’, LE CUI FILA SONO ORMAI COMPOSTE NON PIU’ DA DECINE, MA DA CENTINAIA-E IN ALCUNI CASI ANCHE MIGLIAIA-DI ADERENTI. DAL NORD E DAL CENTRO ITALIA IL FENOMENO SI SPOSTA ANCHE NEL MERIDIONE, MENTRE IN ALTRE CITTA’, GRUPPI GIA’ ESISTENTI, SI RAFFORZANO ULTERIORMENTE.
IL TIFO ULTRA’ ARRIVA ANCHE NELLE CATEGORIE MINORI, ED ENTRO LA FINE DEL DECENNIO NON C’E’ PIU’ SQUADRA, DALLA SERIA A ALLA C-2, CHE NON VENGA SEGUITA DA PIU’ O MENO NUMEROSE FRANGE GIOVANILI ORGANIZZATE. QUESTO MOLTIPLICARSI DEI GRUPPI PORTA, QUASI NECESSARIAMENTE, ALLA NASCITA DI UNA COMPLESSA RETE DI AMICIZIE E RIVALITA’.
FRA LE COALIZIONI PIU’ SOLIDE DI QUESTO PERIODO, RICORDIAMO ROMA-ATALANTA-JUVENTUS, SAMPDORIA- FIORENTINA-INTER, LAZIO-BARI-TORINO, MILAN-GENOA-BOLOGNA, ED è CURIOSO NOTARE COME OGGI QUESTI RAPPORTI, UN TEMPO CORDIALI, SI SIANO IN GRAN PARTE DETERIORATI E SIANO STATI SOSTITUITI DA ALTRE ALLEANZE, TRASFORMANDOSI IN TALORA AD ACCESE RIVALITA’. IN ALCUNI CASI ANCHE IL CONTRARIO. IN OGNI CASO ALLA FINE DEGLI ANNA SETTANTA E I PRIMI ANNO OTTANTA SI REGISTRANO NUMEROSI INCIDENTI LONTANO DAGLI STADI ,COME NEL MODELLO INGLESE, NEI CENTRI DELLE CITTA’, NELLE STAZIONI FERROVIARIE, I PERCORSI DELLA METROPOLITANA.
IL 1982 PASSA ALLA STORIA PER IL TRIONFO ITALIANO IN SPAGNA, NEI MONDIALI DI CALCIO. LA FINALE SI GIOCA A MADRID CONTRO LA GERMANIA OVEST, DI FRONTE A 100.000 SPETTATORI, LA MAGGIORANZA ITALIANI. NUMEROSI SONO GLI STRISCIONI DEI GRUPPI ULTRA’, MA QUESTO RIMANE L’UNICO MOMENTO AGGREGATIVO A LIVELLO NAZIONALE, UN CASO PRESSOCHE’ UNICO VISTO LE TIFOSERIE EUROPEE COME OLANDA, SCOZIA ,INGHILTERRA E GERMANIA. LE RAGIONI DI QUESTA DIVISIONE, PRESSOCHE’ INSANABILE TRA GLI ULTRA’ ITALIANI, CHE NON RIESCE A RICOMPORSI IN TIFO PER LA NAZIONALE, SONO PROBABILMENTE DA RICERCARSI NELLE RIVALITA’ CAMPANILISTICHE E POLITICHE RADICATE FRA ALCUNE DELLE NOSTRE CITTA’. L’IMMAGINE DEGLI ULTRA’ ITALIANI SI PROPONE COME MODELLO CONTINENTALE, DANDO IL VIA A UN MOVIMENTO CHE TOCCHERA’ L’EUROPA INTERA. GLI ULTRA’ ITALIANI, PUR AMMETTENDO LE INFLUENZE INGLESI, SI CONSIDERANO SUPERIORI AGLI ULTRAS NORDICI SIA NEL TIFO CHE NELLA “FORZA D’URTO”. NEGLI ANNI OTTANTA POI LE SQUADRE GODONO DI UN SEGUITO PIU’ AMPIO E PIU COSTANTE RISPETTO AL PASSATO.
LA TRASFERTA DIVIENE UN MOMENTO FONDAMENTALE NELLA VITA DI UN ULTRA’, A CUI PARTECIPANO SOLO I TIFOSI PIU’ FEDELI E INCURANTI DEL PERICOLO CHE ESSA PUO’ COMPORTARE. ANDARE IN TRASFERTA DIVIENE UN MODO PER SELEZIONARE IL GRUPPO E SCOPRIRE QUANTO UNO SI SENTA ATTACCATO AL RESTO DEL GRUPPO. PRESENTARSI IN ALCUNI STADI CALDI E’ UN ESCLUSIVA DI POCHI; FARLO SENZA PORTARE IL PROPRIO STRISCIONE E’ CONSIDERATO UN DISONORE, UN SINTOMO DI TIMORE, COSI’ COME RUBARE IL MATERIALE DEI TIFOSI OSPITI RAPPRESENTA LA VITTORIA SUPREMA PER IL GRUPPO CHE DIFENDE IL PROPRIO TERRITORIO. L’AUMENTO DEL PUBBLICO IN TRASFERTA CORRISPONDE A UN NOTEVOLE SFORZO ORGANIZZATIVO PER LE FERROVIE DELLO STATO, CHE DESTINANO CONVOGLI STRAORDINARI AGLI SPORTIVI PER NON INTASARE OGNI DOMENICA I GIA’ AFFOLLATI TRENI DI LINEA. SONO I COSIDETTI “TRENI SPECIALI”. GLI SPETTACOLI ORGANIZZATI DAGLI ULTRA’ COINVOLGONO INTERE GRADINATE, MIGLIAIA DI PERSONE. SI SPENDONO MIGLIAIA DI EURO, MA LA GARA è ACCESISSIMA. MENTRE GLI ULTRA’ DELLA SAMPDORIA ALLESTISCONO UNA BANDIERA DI 90 METRI PER 32, QUELLI DELLA ROMA DISTRIBUISCONO AL PUBBLICO 10.000 CARTONCINI GIALLO-ROSSI; I TIFOSI DELLA CURVA MARATONA DEL TORINO COPRONO LA CURVA CON STRISCE BIANCHE E GRANATA, E QUELLI DEL NAPOLI LANCIANO IN CAMPO MIGLIAIA DI ROTOLI DI CARTA IGIENICA.
GLI INTROITI PROVENTI DALLA VENDITA DI ADESIVI E MAGLIETTE NON BASTANO PIU’, ED E’ PER QUESTO CHE ALCUNI GRUPPI CHIEDONO AIUTO ALLE LORO SOCIETA’ CALCISTICHE, SEBBENE NESSUNO LO AMMETTA APERTAMENTE. ALTRI RICORRONO A DEGLI SPONSOR ESTERNI. DI PARI PASSO CON LE NOTE DI COLORE, ANCHE LA CRONACA NERA DEVE OCCUPARSI DI QUANTO ACCADE NEGLI STADI.
SI DIFFONDE L’USO DELLE ARMI DA TAGLIO, SOPRATTUTTO A MILANO, ROMA E NAPOLI, MENTRE GLI ULTRAS BERGAMASCHI PER ESSERE MOLTO TURBOLENTI, MA PRONTI A USARE SOLO CALCI E PUGNI.
In Italia sono questi gli anni della rivoluzione culturale post guerra, folle oceaniche di giovani si riversano nelle piazze spintti dal bisogno di aggregazione e accomunati dalla critica alla società borghese. Il "giovane" sta diventando una classe sociale, figlia del dopoguerra e del boom economico, si allunga il tempo tra adolescenza e maturità, c'è maggior possibilità di studiare e di crearsi altrnative di vita varie.
Al desiderio di rivoluzione si oppone però la mentalità borghese del tempo, probabilmente risentita per non aver avuto le stesse possibilità.
Ecco allora che gran parte dei giovani cominciano a vedere nello stadio una zona franca, quel luogo dove è possibile trasgredire al "protocollo" della vita comune.
Fino ad allora c' erano prevalentemente motivi campanilistici o sportivi alla base del tifo, mentre con l' avvento del movimento ulras esso è sostenuto soprattutto dall' esigenza di stare uniti e di riconoscersi in regole e valori comuni. La vita quotidiana resta fuori dalla curva, allo stadio si può gettare la maschera e dar sfogo agli atteggiamenti e agli insulti che generalmente vanno controllati; si da vita ad un mondo parallelo, con regole di convivenza proprie, dove lo spirito di gruppo e l'identificazione con la propria squadra la fanno da padroni, mentre il fatto sportivo perde totalmente di importanza divenendo un semplice prestesto.
La palma di primo gruppo ultrà d’Italia va alla “Fossa dei Leoni” del Milan, nata proprio nel 1968, anche se i primi tifosi a fregiarsi del titolo di ultrà, sono i sampdoriani del gruppo “Tito Cucchiaroni”, formatosi nel 1969. Seguono a distanza di pochi mesi i “Boys” dell’Inter e poi, nel giro di pochi anni, tutti gli altri gruppi al seguito delle maggiori squadre italiane (Bologna, Fiorentina, Genoa, Juventus, Napoli e Verona).
Anni '70
Inizialmente il fenomeno ultrà riguarda soprattutto il centro-nord, al sud solo piazze di rilievo come Napoli e Bari contano gruppi organizzati.
I primi ultrà italiani hanno caratteristiche piuttosto varie, ma in poco tempo le varie curve tenderanno ad omologarsi in un costante processo di imitazione ed emulazione che parte dai modelli inglesi.
I gruppi italiani importeranno da quest'ultimi infatti l'utilizzo delle sciarpe e adatteranno cori, mentre dai brasiliani l'uso di trombe e tamburi. Non peccheranno però certo di originalità, introducendo coreografie, bandieroni, fumogeni e coriandoli.
I gruppi ultras adottano nomi come "Fighters", "Brigate" e "Commandos", nomi che non lasciano spazio all'immaginazione. Infatti il movimento ultras è anche scontri tra tifoserie e scontri con forze dell'ordine.
Nel mondo parallelo, amicizie e rivalità tra le tifoserie diventano un fattore essenziale e attorno alla sfida calcistica se ne gioca un’altra che, sempre più spesso sfocia in vere e proprie risse.
Regole non scritte dettano i rapporti tra le curve, sia che si tratti di amicizie (sancite sottoforma di gemellaggi) sia che si tratti di rivalità.
Le prime rivalità sono di origine territoriale, principalmente tra città vicine, ma ben presto sono affiancate da rivalità politiche.
Si fa notare che, a questo punto, il "rispetto" acquisito da un gruppo ultras si misura in termini di coreografie o vittorie in scontri fisici con gli avversari, e non in termini di andamento delle squadre.
Problemi di ordine pubblico negli stadi ci sono sempre stati, ma con la nascita delle curve ultrà cambiano in “qualità” ed anche in “quantità”: diminuiscono, fino quasi a scomparire dai campi di calcio professionistici, le invasioni di campo e la “caccia” ai giocatori e agli arbitri, ma aumentano gli scontri tra ultrà, coinvolgendo anche i dintorni dello stadio, le stazioni e, talvolta, interi quartieri. Del resto, tra i tratti caratteristici degli ultrà italiani, fin dai primordi, si riconoscono atteggiamenti e stilemi tipici dei “colleghi” inglesi (che in fatto di disordini e atti di vandalismo sono inarrivabili), ma anche delle bande giovanili americane: abbigliamento anticonvenzionale con tratti militareschi (anfibi, mimetiche, basco etc.) e segni distintivi della propria squadra (cappelli, sciarpe, distintivi), forte senso del gruppo con conseguente mentalità cameratesca, il tutto all’interno di un’ organizzazione gerarchica che non sempre ma comprende anche capi e soldati semplici.
Dire che la curva è costituita esclusivamente da potenziali teppisti è comunque errato. Se mettiamo ad un estremo l’ultrà duro e puro (all’ inizio poche decine) e all’altro il tifoso che la frequenta per sentirsi in gruppo e al massimo segue i cori e sventola la bandiera (la maggioranza), in mezzo possiamo riconoscere una percentuale di individui che all’occasione non disdegnano di muovere le mani (soprattutto in trasferta) ma che non fanno parte della “cupola” organizzativa. Lo stadio diventa il luogo dove l’aggressività, tenuta a bada dalle regole sociali, trova un nuovo spazio di coagulazione.
Eppure, attorno alle curve degli anni ’70, l’aria che si respira e che coglie lo spettatore degli altri settori, è quella della festa, del colore, di quel 12° giocatore che cerca (e spesso riesce) a dare un contributo determinante alla propria squadra del cuore. Trasferte che sembrano esodi, fatte con treni e autobus che, alla domenica, fanno gli straordinari per i “pendolari del gol”, cambiano la vita di un numero sempre maggiore di giovani italiani. Cambiano la società dal suo interno. E come tutti i cambiamenti, portano aspetti contradditori, difficili da decifrare anche a distanza di anni. Il dato comunque è certo: le curve degli stadi italiani si riempiono di ultrà nella prima metà degli anni ’70, in un periodo in cui l’attacco allo stato da parte di gruppi estremisti (rossi e neri) è una realtà, in cui si contano i morti di una vera e propria guerra civile, vittime di stragi e attentati che scuotono costantemente l’opinione pubblica. In questo scenario gli scontri tra tifosi hanno un’eco limitata, a meno che l’entità dei danni (anche in termini di feriti o addirittura di vittime) non sia ingente o non vengano associati a motivi di matrice politica. In questo senso i giovani ultrà, in più di qualche caso, sono gli stessi protagonisti della guerra di piazza didella stampa matrice politica e non sportiva. Per la prima volta anche in italia il fenomeno della violenza calcistica diviene al centro dell’ attenzione della stampa e delle istituzioni. Vengono prese drastiche misure repressive:per alcuni mesi viene proibito l’ingresso allo stadio di aste di bandiera, tamburi e persino striscioni dai nomi bellicosi.
Ogni curva ha una genesi propria e, spesso, i primi gruppi ultrà si proclamano infatti apolitici (come il nostro), tuttavia la presenza (e l’influenza) di questi elementi esterni al tifo come espressione naturale, porteranno la maggioranza delle curve italiane ad avere nel tempo una connotazione ben precisa. Questo non significa che le curve diventino un crogiuolo di terroristi, ma la posizione politica dei diversi gruppi è, assieme alle rivalità campaniliste, uno dei motivi principali nella determinazione di amicizie, alleanze e rivalità tra tifoserie.
Anni ottanta
IN QUESTO DECENNIO ASSISTIAMO A UN PROGRESSIVO E COSTANTE INGRANDIMENTO DEI GRUPPI ULTRA’, LE CUI FILA SONO ORMAI COMPOSTE NON PIU’ DA DECINE, MA DA CENTINAIA-E IN ALCUNI CASI ANCHE MIGLIAIA-DI ADERENTI. DAL NORD E DAL CENTRO ITALIA IL FENOMENO SI SPOSTA ANCHE NEL MERIDIONE, MENTRE IN ALTRE CITTA’, GRUPPI GIA’ ESISTENTI, SI RAFFORZANO ULTERIORMENTE.
IL TIFO ULTRA’ ARRIVA ANCHE NELLE CATEGORIE MINORI, ED ENTRO LA FINE DEL DECENNIO NON C’E’ PIU’ SQUADRA, DALLA SERIA A ALLA C-2, CHE NON VENGA SEGUITA DA PIU’ O MENO NUMEROSE FRANGE GIOVANILI ORGANIZZATE. QUESTO MOLTIPLICARSI DEI GRUPPI PORTA, QUASI NECESSARIAMENTE, ALLA NASCITA DI UNA COMPLESSA RETE DI AMICIZIE E RIVALITA’.
FRA LE COALIZIONI PIU’ SOLIDE DI QUESTO PERIODO, RICORDIAMO ROMA-ATALANTA-JUVENTUS, SAMPDORIA- FIORENTINA-INTER, LAZIO-BARI-TORINO, MILAN-GENOA-BOLOGNA, ED è CURIOSO NOTARE COME OGGI QUESTI RAPPORTI, UN TEMPO CORDIALI, SI SIANO IN GRAN PARTE DETERIORATI E SIANO STATI SOSTITUITI DA ALTRE ALLEANZE, TRASFORMANDOSI IN TALORA AD ACCESE RIVALITA’. IN ALCUNI CASI ANCHE IL CONTRARIO. IN OGNI CASO ALLA FINE DEGLI ANNA SETTANTA E I PRIMI ANNO OTTANTA SI REGISTRANO NUMEROSI INCIDENTI LONTANO DAGLI STADI ,COME NEL MODELLO INGLESE, NEI CENTRI DELLE CITTA’, NELLE STAZIONI FERROVIARIE, I PERCORSI DELLA METROPOLITANA.
IL 1982 PASSA ALLA STORIA PER IL TRIONFO ITALIANO IN SPAGNA, NEI MONDIALI DI CALCIO. LA FINALE SI GIOCA A MADRID CONTRO LA GERMANIA OVEST, DI FRONTE A 100.000 SPETTATORI, LA MAGGIORANZA ITALIANI. NUMEROSI SONO GLI STRISCIONI DEI GRUPPI ULTRA’, MA QUESTO RIMANE L’UNICO MOMENTO AGGREGATIVO A LIVELLO NAZIONALE, UN CASO PRESSOCHE’ UNICO VISTO LE TIFOSERIE EUROPEE COME OLANDA, SCOZIA ,INGHILTERRA E GERMANIA. LE RAGIONI DI QUESTA DIVISIONE, PRESSOCHE’ INSANABILE TRA GLI ULTRA’ ITALIANI, CHE NON RIESCE A RICOMPORSI IN TIFO PER LA NAZIONALE, SONO PROBABILMENTE DA RICERCARSI NELLE RIVALITA’ CAMPANILISTICHE E POLITICHE RADICATE FRA ALCUNE DELLE NOSTRE CITTA’. L’IMMAGINE DEGLI ULTRA’ ITALIANI SI PROPONE COME MODELLO CONTINENTALE, DANDO IL VIA A UN MOVIMENTO CHE TOCCHERA’ L’EUROPA INTERA. GLI ULTRA’ ITALIANI, PUR AMMETTENDO LE INFLUENZE INGLESI, SI CONSIDERANO SUPERIORI AGLI ULTRAS NORDICI SIA NEL TIFO CHE NELLA “FORZA D’URTO”. NEGLI ANNI OTTANTA POI LE SQUADRE GODONO DI UN SEGUITO PIU’ AMPIO E PIU COSTANTE RISPETTO AL PASSATO.
LA TRASFERTA DIVIENE UN MOMENTO FONDAMENTALE NELLA VITA DI UN ULTRA’, A CUI PARTECIPANO SOLO I TIFOSI PIU’ FEDELI E INCURANTI DEL PERICOLO CHE ESSA PUO’ COMPORTARE. ANDARE IN TRASFERTA DIVIENE UN MODO PER SELEZIONARE IL GRUPPO E SCOPRIRE QUANTO UNO SI SENTA ATTACCATO AL RESTO DEL GRUPPO. PRESENTARSI IN ALCUNI STADI CALDI E’ UN ESCLUSIVA DI POCHI; FARLO SENZA PORTARE IL PROPRIO STRISCIONE E’ CONSIDERATO UN DISONORE, UN SINTOMO DI TIMORE, COSI’ COME RUBARE IL MATERIALE DEI TIFOSI OSPITI RAPPRESENTA LA VITTORIA SUPREMA PER IL GRUPPO CHE DIFENDE IL PROPRIO TERRITORIO. L’AUMENTO DEL PUBBLICO IN TRASFERTA CORRISPONDE A UN NOTEVOLE SFORZO ORGANIZZATIVO PER LE FERROVIE DELLO STATO, CHE DESTINANO CONVOGLI STRAORDINARI AGLI SPORTIVI PER NON INTASARE OGNI DOMENICA I GIA’ AFFOLLATI TRENI DI LINEA. SONO I COSIDETTI “TRENI SPECIALI”. GLI SPETTACOLI ORGANIZZATI DAGLI ULTRA’ COINVOLGONO INTERE GRADINATE, MIGLIAIA DI PERSONE. SI SPENDONO MIGLIAIA DI EURO, MA LA GARA è ACCESISSIMA. MENTRE GLI ULTRA’ DELLA SAMPDORIA ALLESTISCONO UNA BANDIERA DI 90 METRI PER 32, QUELLI DELLA ROMA DISTRIBUISCONO AL PUBBLICO 10.000 CARTONCINI GIALLO-ROSSI; I TIFOSI DELLA CURVA MARATONA DEL TORINO COPRONO LA CURVA CON STRISCE BIANCHE E GRANATA, E QUELLI DEL NAPOLI LANCIANO IN CAMPO MIGLIAIA DI ROTOLI DI CARTA IGIENICA.
GLI INTROITI PROVENTI DALLA VENDITA DI ADESIVI E MAGLIETTE NON BASTANO PIU’, ED E’ PER QUESTO CHE ALCUNI GRUPPI CHIEDONO AIUTO ALLE LORO SOCIETA’ CALCISTICHE, SEBBENE NESSUNO LO AMMETTA APERTAMENTE. ALTRI RICORRONO A DEGLI SPONSOR ESTERNI. DI PARI PASSO CON LE NOTE DI COLORE, ANCHE LA CRONACA NERA DEVE OCCUPARSI DI QUANTO ACCADE NEGLI STADI.
SI DIFFONDE L’USO DELLE ARMI DA TAGLIO, SOPRATTUTTO A MILANO, ROMA E NAPOLI, MENTRE GLI ULTRAS BERGAMASCHI PER ESSERE MOLTO TURBOLENTI, MA PRONTI A USARE SOLO CALCI E PUGNI.
Gli ultrà sono i tifosi fanatici dei club del calcio italiano che vogliono sostenere la loro squadra
preferita, specialmente nelle trasferte. I club degli ultrà vogliono rappresentare “il dodicesimo
uomo” per le squadre. Gli ultrà sostengono le squadre con coreografie con tante bandiere ma non solo
le coreografie con gli striscioni, ma anche l'uso di articoli pirotecnici, l'accompagnato corale delle
azioni dei giocatori, l'uso di tamburi e trombe e naturalmente l'uso delle sciarpe.
A metà degli anni ottanta il movimento degli ultrà è stato sulla cresta dell'onda e ci sono stati tanti
club ultrà con tanti da diecimila a quindicimila iscritti.
Ma oggi ci sono ancora gruppi ultrà con all'incirca diecimila membri, come Irriducibili Lazio, Fossa
dei Leoni e AS Roma Ultras.
Gli ultrà sono parte del sistema calcistico e hanno importanza persino nelle cacciata di allenatori o
nell'acquisto di calciatori. Soprattutto i capi dei gruppi ultrà sono dei personaggi famosi.
Naturalmente gli ultrà sono di natura diversa per quanto riguarda la colorazione/direzione politica.
Per esempio ci sono gruppi ultrà di destra come Irriducibili Lazio, di sinistra come gli ultrà di
Livorno e ci sono gli ultrà neutrale.
La definizione di ULTRAS o ULTRA' : deriva da una parola di origine francese (ultrà-royaliste) che stava a significare i reazionari, i conservatori, coloro che volevano conservare la monarchia assoluta nel periodo della Restaurazione in Francia. Dal 1860 circa la parola scomparve ma rimase la dicitura "ultrà" per indicare qualcosa di esagerato, troppo grande o superlativo, e molti decenni dopo fu adattata al contesto dei tifosi fanatici per una squadra di calcio in uno stadio.
Si dice "Ultrà" o "Ultras"?
Il dibattito è quanto mai aperto a proposito di questo interrogativo. La risposta più gettonata e che si può adottare come attendibile però è questa: in questa scelta di termini si differenziano i due modi di fare il tifo, quello inglese (al quale si ricollega "ultras"), fatto non di organizzazione, non di mentalità, non di coordinamento ma di spontanea aggregazione negli stadi, e la cultura invece europea (o latina, per cui anche italiana), secondo cui vige un sistema organizzativo propriamente strutturato (quindi "ultrà"): coreografie, fanzine, lancia cori, bilanci e programmazione trasferte, un vero e proprio movimento organizzato, il cosiddetto tifo organizzato.
Così l'ultrà è colui che sventola la sciarpa in una sciarpata coreografica, l'ultras è invece colui che spontaneamente fa partire un coro insieme ad altri individui, l'ultrà è colui che si occupa di stendardi e di coreografie, l'ultras invece si colloca nel proprio settore cantando a squarcia gola e limitandosi ad appendere qualche bandierina alla transenna ritmando battimani imponenti. In parole povere: fateci caso quando arriveranno squadre inglesi a san siro, non vedrete nessuno striscione come in Italia, nessuno stendardo, ma solo una massa enorme di gente e appese in transenna una unita all'altra semplici bandierine inglesi, bandierine a scacchi con i colori della squadra, bandierine con colori di un paese che richiamano i colori della squadra.
STORIA ULTRAS
La storia: ANNI '50-'60
E' sul finire degli anni '60 che si introduce il concetto di movimento ultras. Ma in realtà si deve fare qualche passo indietro. E' Helenio Herrera (allenatore dell'inter che vinceva qualcosa in quegli anni) a introdurre il concetto di tifo organizzato. "Perchè non dobbiamo avere tifosi anche al seguito della squadra quando ci rechiamo in trasferta?", chiese al presidente Moratti-padre. Da lì la nascita dei Moschettieri Nerazzurri (il loro striscione è ancora presente credo al primo anello verde), i Fedelissimi del Torino (1951), il Viola Club Vissieux (dal nome della piazza in cui si radunavano), non riconosciuti però gruppo ultras perchè non aveva i crismi necessari. E quali sono questi crismi? L'esponente del gruppo ultras è un tifoso atipico dal resto dello stadio. Masse di giovani sui 18-20 anni si distaccano completamente dal modello omologato di tifoso per occupare una propria zona di stadio (la CURVA, il settore dietro alla porta), restando in piedi e gridando a squarcia gola per la propria squadra. Forte senso di territorialità quindi, e amore viscerale per i colori sociali della squadra in questione. Questi anni rappresentano quelli del pionierismo ultras: gli strumenti e l'abbigliamento sono ancora rudimentali (sciarponi di lana lunghi, capelli a mezzo collo, giacconi, tamburoni in latta), ma i movimenti politici nascenti e alle aggregazioni studentesche nelle scuole (il movimento studentesco del '68 per intenderci) fanno da embrione per quelli che saranno i gruppi ultras.
Sviluppo e stabilizzazione degli ultras: ANNI '70
Ecco così che nascono i primi gruppi: nel 1968 abbiamo l'onore di poter dire che la nostra FOSSA DEI LEONI è riconosciuto come il primo gruppo ultras italiano. Il suo fondatore principale si chiama Umberto Calza (morto nel 1996), e prende il nome dal precedente campo di allenamento del Milan, che aveva cominciato ad allenarsi a Milanello solo pochi anni prima della nascita del gruppo. Seguono a ruota i Boys dell'Inter (1969), nati da un gruppo di ragazzi membri dell'Inter Club Fossati, e che prendono il nome da "Boy" un ragazzino dispettoso che compare su di un fumetto pubblicato sul giornale dell'Inter, e che aggiungerà la dicitura SAN (Squadre d'azione nerazzurra, a testimoniare la tendenza politica di destra dei componenti) dal 1981; gli UTCS (Ultras Tito Cucchiaroni Sampdoria, 1969), i primi a utilizzare nel loro nome la dicitura "Ultras". Arrivano poi gli Ultras Granata (1969), le Brigate Gialloblu del Verona (1971) che saranno i primi a importare lo stile "english" in Italia dopo una trasferta a Londra contro il Chelsea e che si scioglieranno nel 1991; gli Ultrà Napoli e i Boys della Roma (1972), gli Ultras Catanzaro, la Fossa dei Grifoni Genoa, i Commandos Pro Patria (1973), le nostre Brigate Rossonere (1975) nate dall'unione di ULTRAS e CAVA DEL DEMONIO, i Fighters Juventus, Brigate Nerazzurre Atalanta (sempre nel 1975), e il Commando Ultrà Curva Sud della Roma (1977), più noto come CUCS, che farà scuola prima di sciogliersi ufficialmente nel 1999 dopo una spaccatura a causa dell'acquisto di un giocatore gradito solo a metà della curva. Su ogni striscione campeggiano vari simboli inneggianti all'imponenza del gruppo: teschi, teste di tigri, pantere, leoni. C'è da aggiungere che in questi anni il movimento ultrà prende piede soprattutto al nord, con rare eccezioni meridionali.
BOOM ULTRAS
Il boom degli ultras: ANNI '80
Se chiedete a molti "vecchi" frequentatori delle curve quale è stato il periodo più florido e bello del movimento, vi risponderanno sicuramente gli anni '80. Il movimento è sulla cresta dell'onda, prende piede ora in tutta Italia e dalla serie A alla C2; viene elaborato il concetto di "coreografia" con strumenti quali i palloncini, le striscie, le cartate, i bandieroni, e scatta una corsa all'approviggionamento dei materiali per rendere colorata e lussuriosa ogni curva. Il boom-ultras è testimoniato anche e soprattutto dai tesseramenti ai gruppi: nel 1987-88 la Fossa (ancora loro!) raggiungerà la quota-record di ben 15.000 tesserati. Le maggiori coagulazioni derivano per esempio dai centri sociali o da determinate aree geografiche: capita così che gli UTC sono formati da ragazzi che derivano dal quartiere genovese di Sestri Ponente, e che i milanisti si riuniscono al centro sociale del Leoncavallo. Cominciano però a diffondersi anche gli scontri fra frange opposte, e i primi episodi spiacevoli di violenza talvolta "errata"; arrivano così le prime vittime, e la nostra tifoseria ne è purtroppo una spiacevole protagonista in più di un'occasione: nel 1984-85 Stefano Furlan viene ucciso dalle ripetute manganellate di un poliziotto durante un Triestina-Udinese di Coppa Italia, nella stessa stagione un milanista poco più che maggiorenne uccide un suo stesso tifoso (forse per sbaglio?) dal nome Marco Fonghessi, nel 1989 (il 4 giugno) sempre un gruppetto di milanisti affianca Antonio de Falchi, tifoso romanista, e lo colpisce fatalmente prima della partita fuori dallo stadio, prima di un Milan-Roma 4-1. Ad onor del vero anche alla fine degli anni settanta si registrano incidenti e conseguenze: il 28 ottobre 1979, prima di un derby, un tifoso laziale di nome Vincenzo Paparelli viene centrato in pieno viso da un razzo sparato da un romanista sito nella curva opposta, un anno prima durante Milan-Fiorentina 4-1 scattano violenti scontri fra toscani e rossoneri. A metà di quegli anni si assite a violenti scontri fra milanisti e interisti, dettati anche dal fatto che entrambi, al derby, erano situati nella stessa tribuna (l'attuale secondo anello arancio). Dal 1985 vengono così istituite le scorte, ossia plotoni di poliziotti che scortano i gruppi in trasferta dalla stazione allo stadio, mentre prima i cortei erano totalmente incontrollati.
CADUTA VALORI ULTRAS
Il movimento in crisi: ANNI '90
E' in questo decennio che i valori ultras (appartenenza ai colori sociali, presenza ovunque, rispetto dell'avversario, scontro leale a mani nude e quanti altre regole) entrano in crisi. La cosiddetta "mentalità ultras" non viene recepita dalle nuove leve, ossia dai giovani che si affacciano per la prima volta al mondo delle curve. Andare in curva sembra ora essere diventata una moda, e molti gruppi non si rispecchiano più in questo ricambio generazionale. Capita così che nel 1993 si sciolga la Fossa dei Grifoni del Genoa dopo un ventennio di grande splendore, e che la repressione giochi ora un ruolo fondamentale nelle sorti dei gruppi. Dopo gli ennesimi episodi di violenza le Brigate Gialloblu vengono etichettate come "associazione a delinquere", e decidono l'autoscioglimento. Inoltre l'arresto dei capisaldi delle curve, la morte di alcuni di loro, uniti alla già citata repressione e al cambio generazionale, fanno sì che molti gruppi arrivino al tramonto. Il culmine di questa crisi si raggiunge nel gennaio del 1995 quando prima di Genoa-Milan Simone Barbaglia, 18 anni, accoltella in pieno torace Vincenzo Spagnolo, ultras genoano. La partita viene sospesa e a seguito di quell'avvenimento alcune tifoserie si radunano nel week-end successivo per fare un esame di coscienza di dove questo mondo possa andare a finire. Durante l'incontro, promosso da genoani e sampdoriani insieme, si elabora il motto "Basta lame, basta infami". Si scoprirà poi che il giovane assassino aveva partecipato alla trasferta disgiuntamente ai gruppi dei milanisti, per farsi notare davanti a un nuovo gruppetto che stava per nascere da una costola delle BRN (le cosiddette BRN 2). Dopo quell'episodio la curva sud diserterà le restanti trasferte di campionato. Arriviamo così ai giorni nostri, in cui il vergognoso monopolio delle pay-tv (Sky, digitale terrestre e chissà quante altre in futuro), il caro-prezzi (dalla metà di questo decennio anche la tifoseria ospite deve essere munita di biglietto regolare per entrare allo stadio mentre prima si entrava gratis in qualità di "ospiti"), le conseguenti leggi-repressive e lo stravolgimento degli orari e dei calendari, stanno mettendo a dura prova la pazienza delle curve che però non vogliono mollare, vogliono combattere per ritrovare quegli ideali di appartenenza al gruppo e di stile di vita ultras che sembrano andati smarriti. E questo rappresenta anche l'unico momento di unione fra tifoserie di colore diverso. Tutti uniti per la sopravvivenza degli ultras: è questo il grido di battaglia odierno.
preferita, specialmente nelle trasferte. I club degli ultrà vogliono rappresentare “il dodicesimo
uomo” per le squadre. Gli ultrà sostengono le squadre con coreografie con tante bandiere ma non solo
le coreografie con gli striscioni, ma anche l'uso di articoli pirotecnici, l'accompagnato corale delle
azioni dei giocatori, l'uso di tamburi e trombe e naturalmente l'uso delle sciarpe.
A metà degli anni ottanta il movimento degli ultrà è stato sulla cresta dell'onda e ci sono stati tanti
club ultrà con tanti da diecimila a quindicimila iscritti.
Ma oggi ci sono ancora gruppi ultrà con all'incirca diecimila membri, come Irriducibili Lazio, Fossa
dei Leoni e AS Roma Ultras.
Gli ultrà sono parte del sistema calcistico e hanno importanza persino nelle cacciata di allenatori o
nell'acquisto di calciatori. Soprattutto i capi dei gruppi ultrà sono dei personaggi famosi.
Naturalmente gli ultrà sono di natura diversa per quanto riguarda la colorazione/direzione politica.
Per esempio ci sono gruppi ultrà di destra come Irriducibili Lazio, di sinistra come gli ultrà di
Livorno e ci sono gli ultrà neutrale.
La definizione di ULTRAS o ULTRA' : deriva da una parola di origine francese (ultrà-royaliste) che stava a significare i reazionari, i conservatori, coloro che volevano conservare la monarchia assoluta nel periodo della Restaurazione in Francia. Dal 1860 circa la parola scomparve ma rimase la dicitura "ultrà" per indicare qualcosa di esagerato, troppo grande o superlativo, e molti decenni dopo fu adattata al contesto dei tifosi fanatici per una squadra di calcio in uno stadio.
Si dice "Ultrà" o "Ultras"?
Il dibattito è quanto mai aperto a proposito di questo interrogativo. La risposta più gettonata e che si può adottare come attendibile però è questa: in questa scelta di termini si differenziano i due modi di fare il tifo, quello inglese (al quale si ricollega "ultras"), fatto non di organizzazione, non di mentalità, non di coordinamento ma di spontanea aggregazione negli stadi, e la cultura invece europea (o latina, per cui anche italiana), secondo cui vige un sistema organizzativo propriamente strutturato (quindi "ultrà"): coreografie, fanzine, lancia cori, bilanci e programmazione trasferte, un vero e proprio movimento organizzato, il cosiddetto tifo organizzato.
Così l'ultrà è colui che sventola la sciarpa in una sciarpata coreografica, l'ultras è invece colui che spontaneamente fa partire un coro insieme ad altri individui, l'ultrà è colui che si occupa di stendardi e di coreografie, l'ultras invece si colloca nel proprio settore cantando a squarcia gola e limitandosi ad appendere qualche bandierina alla transenna ritmando battimani imponenti. In parole povere: fateci caso quando arriveranno squadre inglesi a san siro, non vedrete nessuno striscione come in Italia, nessuno stendardo, ma solo una massa enorme di gente e appese in transenna una unita all'altra semplici bandierine inglesi, bandierine a scacchi con i colori della squadra, bandierine con colori di un paese che richiamano i colori della squadra.
STORIA ULTRAS
La storia: ANNI '50-'60
E' sul finire degli anni '60 che si introduce il concetto di movimento ultras. Ma in realtà si deve fare qualche passo indietro. E' Helenio Herrera (allenatore dell'inter che vinceva qualcosa in quegli anni) a introdurre il concetto di tifo organizzato. "Perchè non dobbiamo avere tifosi anche al seguito della squadra quando ci rechiamo in trasferta?", chiese al presidente Moratti-padre. Da lì la nascita dei Moschettieri Nerazzurri (il loro striscione è ancora presente credo al primo anello verde), i Fedelissimi del Torino (1951), il Viola Club Vissieux (dal nome della piazza in cui si radunavano), non riconosciuti però gruppo ultras perchè non aveva i crismi necessari. E quali sono questi crismi? L'esponente del gruppo ultras è un tifoso atipico dal resto dello stadio. Masse di giovani sui 18-20 anni si distaccano completamente dal modello omologato di tifoso per occupare una propria zona di stadio (la CURVA, il settore dietro alla porta), restando in piedi e gridando a squarcia gola per la propria squadra. Forte senso di territorialità quindi, e amore viscerale per i colori sociali della squadra in questione. Questi anni rappresentano quelli del pionierismo ultras: gli strumenti e l'abbigliamento sono ancora rudimentali (sciarponi di lana lunghi, capelli a mezzo collo, giacconi, tamburoni in latta), ma i movimenti politici nascenti e alle aggregazioni studentesche nelle scuole (il movimento studentesco del '68 per intenderci) fanno da embrione per quelli che saranno i gruppi ultras.
Sviluppo e stabilizzazione degli ultras: ANNI '70
Ecco così che nascono i primi gruppi: nel 1968 abbiamo l'onore di poter dire che la nostra FOSSA DEI LEONI è riconosciuto come il primo gruppo ultras italiano. Il suo fondatore principale si chiama Umberto Calza (morto nel 1996), e prende il nome dal precedente campo di allenamento del Milan, che aveva cominciato ad allenarsi a Milanello solo pochi anni prima della nascita del gruppo. Seguono a ruota i Boys dell'Inter (1969), nati da un gruppo di ragazzi membri dell'Inter Club Fossati, e che prendono il nome da "Boy" un ragazzino dispettoso che compare su di un fumetto pubblicato sul giornale dell'Inter, e che aggiungerà la dicitura SAN (Squadre d'azione nerazzurra, a testimoniare la tendenza politica di destra dei componenti) dal 1981; gli UTCS (Ultras Tito Cucchiaroni Sampdoria, 1969), i primi a utilizzare nel loro nome la dicitura "Ultras". Arrivano poi gli Ultras Granata (1969), le Brigate Gialloblu del Verona (1971) che saranno i primi a importare lo stile "english" in Italia dopo una trasferta a Londra contro il Chelsea e che si scioglieranno nel 1991; gli Ultrà Napoli e i Boys della Roma (1972), gli Ultras Catanzaro, la Fossa dei Grifoni Genoa, i Commandos Pro Patria (1973), le nostre Brigate Rossonere (1975) nate dall'unione di ULTRAS e CAVA DEL DEMONIO, i Fighters Juventus, Brigate Nerazzurre Atalanta (sempre nel 1975), e il Commando Ultrà Curva Sud della Roma (1977), più noto come CUCS, che farà scuola prima di sciogliersi ufficialmente nel 1999 dopo una spaccatura a causa dell'acquisto di un giocatore gradito solo a metà della curva. Su ogni striscione campeggiano vari simboli inneggianti all'imponenza del gruppo: teschi, teste di tigri, pantere, leoni. C'è da aggiungere che in questi anni il movimento ultrà prende piede soprattutto al nord, con rare eccezioni meridionali.
BOOM ULTRAS
Il boom degli ultras: ANNI '80
Se chiedete a molti "vecchi" frequentatori delle curve quale è stato il periodo più florido e bello del movimento, vi risponderanno sicuramente gli anni '80. Il movimento è sulla cresta dell'onda, prende piede ora in tutta Italia e dalla serie A alla C2; viene elaborato il concetto di "coreografia" con strumenti quali i palloncini, le striscie, le cartate, i bandieroni, e scatta una corsa all'approviggionamento dei materiali per rendere colorata e lussuriosa ogni curva. Il boom-ultras è testimoniato anche e soprattutto dai tesseramenti ai gruppi: nel 1987-88 la Fossa (ancora loro!) raggiungerà la quota-record di ben 15.000 tesserati. Le maggiori coagulazioni derivano per esempio dai centri sociali o da determinate aree geografiche: capita così che gli UTC sono formati da ragazzi che derivano dal quartiere genovese di Sestri Ponente, e che i milanisti si riuniscono al centro sociale del Leoncavallo. Cominciano però a diffondersi anche gli scontri fra frange opposte, e i primi episodi spiacevoli di violenza talvolta "errata"; arrivano così le prime vittime, e la nostra tifoseria ne è purtroppo una spiacevole protagonista in più di un'occasione: nel 1984-85 Stefano Furlan viene ucciso dalle ripetute manganellate di un poliziotto durante un Triestina-Udinese di Coppa Italia, nella stessa stagione un milanista poco più che maggiorenne uccide un suo stesso tifoso (forse per sbaglio?) dal nome Marco Fonghessi, nel 1989 (il 4 giugno) sempre un gruppetto di milanisti affianca Antonio de Falchi, tifoso romanista, e lo colpisce fatalmente prima della partita fuori dallo stadio, prima di un Milan-Roma 4-1. Ad onor del vero anche alla fine degli anni settanta si registrano incidenti e conseguenze: il 28 ottobre 1979, prima di un derby, un tifoso laziale di nome Vincenzo Paparelli viene centrato in pieno viso da un razzo sparato da un romanista sito nella curva opposta, un anno prima durante Milan-Fiorentina 4-1 scattano violenti scontri fra toscani e rossoneri. A metà di quegli anni si assite a violenti scontri fra milanisti e interisti, dettati anche dal fatto che entrambi, al derby, erano situati nella stessa tribuna (l'attuale secondo anello arancio). Dal 1985 vengono così istituite le scorte, ossia plotoni di poliziotti che scortano i gruppi in trasferta dalla stazione allo stadio, mentre prima i cortei erano totalmente incontrollati.
CADUTA VALORI ULTRAS
Il movimento in crisi: ANNI '90
E' in questo decennio che i valori ultras (appartenenza ai colori sociali, presenza ovunque, rispetto dell'avversario, scontro leale a mani nude e quanti altre regole) entrano in crisi. La cosiddetta "mentalità ultras" non viene recepita dalle nuove leve, ossia dai giovani che si affacciano per la prima volta al mondo delle curve. Andare in curva sembra ora essere diventata una moda, e molti gruppi non si rispecchiano più in questo ricambio generazionale. Capita così che nel 1993 si sciolga la Fossa dei Grifoni del Genoa dopo un ventennio di grande splendore, e che la repressione giochi ora un ruolo fondamentale nelle sorti dei gruppi. Dopo gli ennesimi episodi di violenza le Brigate Gialloblu vengono etichettate come "associazione a delinquere", e decidono l'autoscioglimento. Inoltre l'arresto dei capisaldi delle curve, la morte di alcuni di loro, uniti alla già citata repressione e al cambio generazionale, fanno sì che molti gruppi arrivino al tramonto. Il culmine di questa crisi si raggiunge nel gennaio del 1995 quando prima di Genoa-Milan Simone Barbaglia, 18 anni, accoltella in pieno torace Vincenzo Spagnolo, ultras genoano. La partita viene sospesa e a seguito di quell'avvenimento alcune tifoserie si radunano nel week-end successivo per fare un esame di coscienza di dove questo mondo possa andare a finire. Durante l'incontro, promosso da genoani e sampdoriani insieme, si elabora il motto "Basta lame, basta infami". Si scoprirà poi che il giovane assassino aveva partecipato alla trasferta disgiuntamente ai gruppi dei milanisti, per farsi notare davanti a un nuovo gruppetto che stava per nascere da una costola delle BRN (le cosiddette BRN 2). Dopo quell'episodio la curva sud diserterà le restanti trasferte di campionato. Arriviamo così ai giorni nostri, in cui il vergognoso monopolio delle pay-tv (Sky, digitale terrestre e chissà quante altre in futuro), il caro-prezzi (dalla metà di questo decennio anche la tifoseria ospite deve essere munita di biglietto regolare per entrare allo stadio mentre prima si entrava gratis in qualità di "ospiti"), le conseguenti leggi-repressive e lo stravolgimento degli orari e dei calendari, stanno mettendo a dura prova la pazienza delle curve che però non vogliono mollare, vogliono combattere per ritrovare quegli ideali di appartenenza al gruppo e di stile di vita ultras che sembrano andati smarriti. E questo rappresenta anche l'unico momento di unione fra tifoserie di colore diverso. Tutti uniti per la sopravvivenza degli ultras: è questo il grido di battaglia odierno.